REVIEW PARTY: Il fuoco che respiro, Elle Eloise

«C’è qualcosa che posso fare prima dei diciotto anni?»
[…]
«Puoi essere felice, Mac. Puoi farlo per me?» 
  


Quanto è difficile essere felici? Quanto può essere complicato volersi bene al fine di riuscire a voler essere sereni con sé stessi?


«Cosa voglio?» I suoi occhi si inumidirono. «Ho sempre voluto per te soltanto una cosa.»
«Che cosa?»
«Che ascoltassi il tuo cuore. Che tu fossi felice.»


Connor ha diciannove anni, ha scelto di lasciare la roulotte che abitava con la madre tossica per poter aspirare ad una vita migliore. Si è iscritto al college ma la borsa di studio non copriva le spese per l’alloggio e si è adattato a vivere nei ricoveri per senzatetto. Quando questo prende fuoco e Connor finisce in ospedale, con i pochi soldi che gli rimangono, decide di chiamare l’unica persona che ha sempre visto qualcosa di positivo in lui, Debra, la sua ex insegnante.

Mackenzie è solo una bambina di dieci anni quando la madre accoglie Connor nella sua casa. Con l’ingenuità e spensieratezza della sua età lo accoglie come se fosse parte della sua famiglia da sempre. Mac lo idealizza, lo tiene in considerazione. Lo vede grande (ha la bellezza di nove anni in più) e, col tempo, si innamora di lui. È la sua prima cotta. Il suo primo amore. A chi non è capitato da bambina di sognare ad occhi aperti su un ragazzo più grande? Lei, però, quel ragazzo ce l’ha dentro casa.

Gli anni passano e Mac sboccia. Cresce e non è più quella bambina dalla lingua tagliente e pronta a sparare domande a raffica. Ora ha ventidue anni e si trova da sola a dover affrontare la morte improvvisa della madre, a gestire il fratello di soli sedici anni e un padre che non conosce ma che gli si è installato in casa portando altri guai. L’unica persona che vorrebbe al suo fianco è Connor. Connor che non vede da quattro anni. Connor che gli ha voltato le spalle nel momento in cui aveva più bisogno di lui. Connor a cui ha donato il suo cuore e, non solo l’ha rifiutato, ma l’ha fatto a pezzi.

In quei quattro anni sono successe tantissime cose. Cose che li hanno cambiati profondamente, che li hanno separati, che li hanno feriti. Sarà possibile rimettere insieme i cocci? Ricostruire il rapporto che avevano? Superare le incomprensioni e provare ad avere quel rapporto di cui entrambi hanno bisogno?


Ma ricorda sempre che per tutti è importante avere un posto in cui ritornare, da poter chiamare “casa”.
Non smettere mai di cercare la tua strada (e la tua casa).


Trovo che Il fuoco che respiro sia un libro malinconico, nostalgico, intenso. La location, le canzoni che accompagnano la narrazione, i falò in spiaggia, i fuochi d’artificio. Tutto mi fa pensare alla felicità effimera, istantanea, la sensazione di essere felice sul momento ma che, in seguito, ti lascia un po’ di amaro in bocca. E poi i ricordi che si affacciano alla memoria senza un ordine cronologico, così come capitano. In base alle sensazioni provate al momento. Sensazioni non sempre positive, a volte ricordi che fanno male, che lasciano graffi sul cuore. Ricordi di momenti che non si sono ancora superati. Su cui il tempo non è ancora riuscito a fare la sua magia lenitiva.

E poi quel malessere costante di Mac. Quel suo non riuscire a volersi bene, non riuscire a nutrire il suo corpo e la sua anima. Volersi autodistruggere. Non voler superare il dolore che ha provato in un dato momento della sua vita. Quel non riuscire ad essere sincera con gli altri ma neanche con sé stessa. Quel cercare di nascondere il suo disagio dietro maglioni troppo larghi...
Ed è solo quando qualcuno inizia a mostrarle tenerezza, a mostrarle davvero interesse che apre gli occhi, che ricomincia a sentire le emozioni, che ricomincia a rendersi conto che deve fare qualcosa, qualsiasi cosa, pur di tornare a galla, per smettere di colare a picco. Seppure abbia ritrovato la penna di questa autrice, con Il fuoco che respiro l’ho trovata diversa. Forse più matura, più consapevole. Sicuramente più malinconica. E questa malinconia la si percepisce distintamente tra le parole, tra le righe, pagina dopo pagina. Questo è un romanzo che si legge davvero molto velocemente, che ti cattura nella sua narrazione e, una volta arrivata alla fine, ti lascia un po’ destabilizzata. Ti lascia con un po’ di amarezza. Ma anche la consapevolezza che, una volta toccato il fondo del baratro si può solo risalire e tornare a guardare la luce. La consapevolezza che c’è sempre speranza, che se si è sinceri con gli altri e con sé stessi, c’è la possibilità di superare gli ostacoli che la vita ti mette davanti. Ma soprattutto la consapevolezza che, anche dalle situazioni peggiori, può nascere qualcosa di buono.


«Non sono in grado di dirti dove e quando sia cominciato il nostro viaggio, ma se tutto quello che ci è successo o che abbiamo deciso ci ha condotti fino a qui, in questo pullman, a condividere un paio di auricolari tenendoci per mano, io non rimpiango proprio niente. È stato un viaggio difficile, ma adesso siamo a casa.»


In chiusura, volevo ringraziare Elle Eloise per la copia di questa sua creatura  
E grazie anche a tutti i blog che hanno partecipato al review party!  



Elle

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