Ci sono romanzi che hanno bisogno di tempo per essere letti. Tempo per guastarli a pieno. Tempo per leggerli come si deve. Tempo da dedicargli, come se fossero dei bambini. Ecco la trilogia di Paullina Simons necessita davvero di tempo e pazienza.
Come sempre ricordo che, essendo questa una trilogia di non
autoconclusivi, sono possibili spoiler.
Pensavamo che il peggio fosse
passato, invece ci sbagliavamo. Il peggio è vivere.
Avevamo lasciato Tatiana e Alexander in una Berlino post
bellica. Finalmente Tatiana era riuscita a trovare il suo Alexander, l’altra
metĂ del suo cuore, ma non sapevamo se sarebbero potuti rientrare negli Stati Uniti
insieme (cosa che si poteva benissimo immaginare visto il terzo libro al
seguito) o se sarebbe dovuto rientrare in Russia per scontare la sua pena nei
campi di lavoro. Come ci si puĂ² benissimo immaginare Alexander e Tatiana
possono rientrare negli Stati Uniti e riprendere in mano quella vita che avevano
messo in stand by a causa della guerra.
“Hai notato? Abbiamo una sola
pentola, un solo mestolo. Viviamo come se fossimo ancora in guerra, in trincea,
senza carne, senza infornare del vero pane, senza fare il nido. L’unico modo in
cui tu e io possiamo vivere è questo: abbandonati e senza casa. Ce la filiamo
trasportando le nostre poche cose sulle spalle prima che ricomincino a sparare,
prima che arrivino i rinforzi. Ecco dove ci troviamo ancora. Non a Lovers Key,
ma in trincea, su quella collina di Berlino, in attesa che ci ammazzino.”
Rientrare negli Stati Uniti e trovarsi a vivere con un figlio
di pochi anni, perĂ², non è semplice. Principalmente perchĂ© negli anni che hanno
vissuto separati ciĂ² che ciascuno di loro ha vissuto è stato traumatico e devastante.
Alexander ha patito le pene dell’inferno e Tatiana ha dovuto vivere per anni
con l’idea di aver perso per sempre l’amore della propria vita. Tatiana non riesce
a guardare le cicatrici e i tatuaggi che Alexander ha sul suo corpo. Cicatrici
che non sono solo quelle visibili ma che, purtroppo, hanno intaccato anche la
sua anima. Cicatrici che sono un ricordo costante di ciĂ² che ha dovuto subire. E
Alexander non riesce ad accettare che tutto ciĂ² che era fino al giorno prima,
ora non va piĂ¹ bene. Tutto ciĂ² che è capace a fare è maneggiare armi, fare la
guerra, eppure in questa nuova terra, non puĂ² piĂ¹ farlo. Non puĂ² parlare di ciĂ²
che ha subìto. Non puĂ² farlo con la moglie che ne rimarrebbe sconvolta, e
nemmeno con altri reduci tornati a casa menomati nel fisico e nella mente. Con
questi non puĂ² parlare semplicemente perchĂ© russo. Ma si sa, il tempo lenisce
piĂ¹ o meno tutte le ferite. E Alexander, Tatiana e Anthony di tempo ne hanno in
abbondanza. Hanno tutto il tempo che vogliono per vagabondare con un camper in
lungo e in largo negli States. Si fermano quando trovano un posto che gli piace
e ripartono quando si sono stancati di quel posto. L’unica prerogativa? Vivere
dove non faccia freddo, dove non ci sia la neve, dove non ci siano fiumi, dove
possano trovare la pace e dove possano costruire nuovi ricordi.
“Essere sposati non è facile come bere un bicchiere
d’acqua. Questa non è una vita finta durante la guerra nĂ© un finto matrimonio
sovietico, noi due contro l’NKVD, con finte scelte sovietiche. Questa è una
reale vita americana. Piena di scelte, piena di libertĂ , piena di opportunitĂ ,
soldi, conflitti, pressioni costanti. Soffriamo quando non riusciamo ad avere
quel che crediamo di meritare e questa impotenza ci tormenta.”
Gli anni passano e loro invecchiano. Finalmente trovano il
loro angolo di paradiso vicino a Phoenix. Lì non ci sono fiumi, non nevica, non
fa mai freddo. Qui Tatiana aveva acquistato un po’ di acri di terra e decidono
di fermarsi, di costruire qui il loro futuro. Tatiana riprende a lavorare come
infermiera all’ospedale. Alexander lavora come muratore e tuttofare per un’impresa
di costruzioni edili. Antony va a scuola. Momenti di vita quotidiana che si
sovrappongono a tramonti infuocati sul deserto, a notti di passione. Eppure la loro
vita non è sempre rose e fiori. Anche loro hanno momenti di sconforto. Momenti di
incomprensione. Momenti in cui si rendono conto che l’amore non basta per stare
insieme. Serve la consapevolezza, la costanza. Il scegliersi giorno dopo giorno,
fino alla fine.
“Il potere che eserciti su qualcuno
che ti ama supera qualunque altro potere potrai mai esercitare.”
Finalmente ce l’ho fatta. Sono arrivata alla fine di questa
bellissima trilogia che mi ha fatto impazzire. Se il primo romanzo l’ho
divorato, col secondo ho arrancato. Ho deciso di mettere da parte per un po’ di
tempo il terzo e, una volta preso coraggio, mi ci sono buttata a capofitto
nonostante i mille impegni quotidiani. E, ora che sono arrivata alla fine, devo
dire che mi è piaciuto molto. Mi sono dovuta ricredere. Ho apprezzato i loro
scorci di vita quotidiana. I loro problemi. Il fatto che Alexander e Tatiana
sono sì protagonisti ma non eroi. Sono due persone comuni, non sono ricchi, non
provengono da famiglie benestanti. Provengono da una Russia povera, da dove
sono dovuti scappare passando attraverso mille tribolazioni. Hanno dovuto
imparare a convivere con i fantasmi del passato, a farci i conti e cercando di
andare avanti guardando al futuro e mai al passato. Sono persone in cui è
facile identificarsi. Dove è possibile vedere parti del nostro carattere. Dove
è possibile rispecchiarsi nei problemi che tutte le coppie, prima o poi, affrontano.
I problemi di tipo lavorativo, di coppia, economici… Eppure Tatiana e Alexander
ci hanno sempre creduto. Hanno sempre creduto nell’altro, nel loro amore, nella
loro famiglia. Anche quando le cose si sono complicate, quando la bolla dorata
in cui vivevano si è leggermente crepata, non hanno mai mollato. L’unica pecca?
La parte relativa al Vietnam. Lo ammetto. Lì ho quasi ceduto. Quella parte ho
fatto davvero fatica ad affrontarla. L’unica nota positiva era la fine ormai
vicina, cosa che mi ha portato ad allungare il passo ed arrivare all’ultima riga
in volata.
Ma una volta arrivata alla fine, una volta che mi sono
guardata indietro, ho capito che questa trilogia merita davvero tutto il tempo
che le ho dedicato. Merita di essere letta. Merita la sofferenza provata con Il
cavaliere d’inverno, merita l’apatia di Tatiana & Alexander e
merita la consapevolezza de Il giardino d’estate. PerchĂ© in ognuno di
noi ci puĂ² essere una Tatiana ed un Alexander, basta avere il tempo e la pazienza
di scorgerli e portarli con sé.
Las Vegas la fa sorridere e la aiuta
a dimenticare il rimorso e l’impossibilitĂ di vedere con occhi verdi e indeboliti
le strade della sua vita di una volta, che il tempo ha rimpicciolito, ma che i
loro vecchi e indeboliti cuori vedono ancora nelle dimensioni originarie.
Devono soltanto chiuderli, gli occhi. Perché Leningrado, la morte di ogni cosa,
è stata anche la nascita di ogni cosa; ogni ocotillo e ogni goji che piantano oggi
è nato dalle vie assolate e distrutte della cittĂ di ieri, che l’anima non puĂ²
seppellire, non puĂ² nascondere, non puĂ² cacciare via.
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