«Lasciati amare, Adriano»
Adriano
è un ragazzo che porta sulle sue spalle il peso del mondo. Si porta appresso
tutte le colpe. Si sente in colpa per cose che nemmeno sono dipese totalmente
da lui. Eppure, in qualche modo, questi sensi di colpa, li ha radicati sotto
pelle e, più spesso di quanto vorrebbe, si fanno sentire. Alzano la testa e ad
Adriano si spezza un pochino di più il cuore. Fino al punto da prendere una
decisione difficile. Lasciare il fratello gemello, il padre, la sua amica
Claudia, e partire per Parigi.
Adriano
sperava che, una volta lasciata Roma, avrebbe ricominciato a respirare. A
sentirsi meno triste. Ma quella tristezza, quel suo modo di essere, è davvero
radicato profondamente in lui. Talmente in profondità che i suoi occhi parlano
per lui. Parlano del suo stato d’animo, del suo malessere che, anche a migliaia
di chilometri di distanza, non lo abbandonano mai.
«Non mi hai notata perché tu non la guardi la vita, Adriano. Ti nascondi, la
lasci fuori, non vuoi che ti veda.»
A
leggergli dentro ci riesce molto bene Mathilde. Lei Adriano l’ha visto solo una
volta, eppure il suo viso si è tatuato nei suoi pensieri. Gli è penetrato sotto
pelle e non se n’è più andato. Mathilde ha sempre sentito il bisogno di
rivederlo, di avvicinarlo, di togliergli un po’ di peso dalle spalle e, quando
finalmente ne ha l’occasione, si tuffa di tasta. Prende coraggio e lo avvicina.
Da quel momento, da quell’incontro fortuito, in Adriano inizia il cambiamento.
Inizia un percorso di crescita, di risalita, di consapevolezza. Peccato che per
arrivare a vedere la luce, dovrà passare per il buio più profondo.
«Anch’io sono fuggita, sai?»
[…]
«Da cosa?»
[…]
«Dalla calma. Dal silenzio.»
[…]
«La calma è riposante. Il rumore continuo è peggio.»
[…]
«Be’, hai ragione, la calma è riposante. Però quando si tratta di stare fermi, di non riuscire a
vedere altro che le stesse cose, le stesse persone, gli stessi luoghi… allora
non è più riposante. È claustrofobico.»
Novembre
è un romanzo da
leggere lentamente. Da bere a piccoli sorsi. Io non ce l’ho proprio fatta a
leggerlo tutto d’un fiato.
Novembre
rispecchia le
atmosfere un po’ tristi, cupe, tipiche di quel mese. Le giornate che si
accorciano, i primi freddi, un po’ di tristezza che ti entra sotto pelle.
Novembre
è un respiro
difficile. Di quelli che ti spaccano i polmoni. Di quelli frammentati.
Novembre
è la sofferenza
di un ragazzo che si porta addosso i sensi di colpa. Che non riesce ad aprirsi,
che non riesce a tirar fuori le parole per descrivere come si sente. Che non
vuole farsi voler bene, anche se ne ha un infinito bisogno. È la necessità di
tirar fuori tutto ciò che lo fa star male ma senza averne la forza. E la forza
che necessita la trova solo dopo aver subìto l’ennesimo contraccolpo, l’ennesimo
pugno nello stomaco. E, anche quando si è al tappeto, si può trovare la forza
per rialzarsi.
Novembre
è delicatezza. È
camminare in punta di piedi su un terreno ghiaioso. Un terreno difficile come
quello della sofferenza fisica ed emotiva. Ma fatto da Laura Vegliamore con notevole
eleganza. Con sensibilità, finezza e tatto.
Novembre
è la
dimostrazione che un romanzo può essere
bello anche quando parla di amore in tutte le sue forme. Che sia amore
fraterno, amore genitoriale o amicizia. Quell’amore che non hai bisogno di
chiedere, perché viene donato abbondantemente, soprattutto nel momento del
bisogno.
Novembre è la storia di Adriano. Del cammino che fa per superare la sua sofferenza.
E ora sono curiosa di leggere del cammino di Leonardo…
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