Il collezionista di ricordi, Elisa Crescenzi

È possibile non riuscire a dimenticare il primo amore? È possibile amare una persona, perderla di vista per quindici anni e poi amarla come il primo giorno?

 

«Ti prometto che andrà meglio... non oggi, non domani, ma con il tempo tutto andrà meglio».

 

Bartholomew vive a Seattle. Ha lasciato Firenze quando era solo un ragazzo, quando ha deciso di inseguire il suo sogno di diventare un musicista. A Firenze ha lasciato i genitori e la ragazza dell’epoca, Micol. La separazione è stata parecchio traumatica. Al punto che, a distanza di quindici anni, non l’ha ancora superata. A Firenze non è più tornato. Non per le festività, non per eventi importanti e nemmeno per andare a trovare i genitori. Ora però, a causa della morte improvvisa del padre, non può più rimandare il rientro in Italia. Deve farsi forza e tornare a casa. Una casa che non sente più sua. Una casa che contiene troppi ricordi. Una casa che sa diventerà una prigione mentale. Tornare vuol dire dover affrontare Micol, l’amore adolescenziale rimasto in sospeso. Vuol dire anche affrontare una volta per tutte i segreti che sono stati rinchiusi in un armadio per tanti anni, cercare di arrivare alla verità di quanto successo quindici anni prima e cercare di superare il distacco una volta per tutte.

 

«Il problema, Bart, è che nessuno ti vede realmente, ti nascondi persino da te stesso.»

 

Micol in questi quindici anni ha cercato di andare avanti. Ha cercato di farsi una ragione sulla separazione che l’ha strappata dalle braccia di Mew anche se il suo cuore non l’ha ancora superata. Dopo di lui non c’è stato nessuno che sia riuscito a prenderne realmente il posto. È riuscita solamente a crearsi una parvenza di vita, di normalità. Si è laureata, ha aperto il suo studio di psicologa, è andata a vivere da sola, ha preso un cagnolino che le fa compagnia la sera ma il suo cuore è ancora fermo a quindici anni prima. Per lei sapere che Mew sta tornando è un tormento. L’ha seguito sui social e sui giornali in questi anni e ha letto dei suoi flirt più o meno veritieri. Ha voglia di vederlo, di capire quanto è cambiato e, soprattutto, di spiegare quanto successo quando erano solo degli adolescenti.

 

«A volte bisogna solo cambiare prospettiva per vedere le cose sotto la giusta luce.»

 

Ma è davvero possibile recuperare così tanti anni di lontananza? Il tempo non li avrà cambiati? Riusciranno a recuperare il vecchio rapporto, magari facendo quei passi avanti necessari per superare quanto successo? Dopo così tanto tempo ci si può perdonare? Cosa li può ancora legare se non un ricordo ormai troppo lontano?

 

A rispondere a tutte queste domande ci pensa in parte l’autrice attraverso i suoi protagonisti, altre domande invece rimangono ancora senza risposta. Mew e Micol sono rimasti ancorati ad un sogno, ad un periodo molto breve della loro vita che li ha cambiati avvicinandoli per poi dividerli definitivamente per anni. Entrambi hanno sofferto molto per questa separazione. Lei perché ha scelto di lasciarlo andare, di vederlo spiccare il volo,  gli ha permesso di fare quella scelta che per lui significava il sogno di una vita, il suo futuro. Lui perché non è riuscito a darsi una ragione del rifiuto di Micol. Lui è partito dall’Italia senza sapere la reale motivazione del perché lei lo abbia lasciato. E nessuna ragazza che ha incontrato nel frattempo ha mai potuto prendere il suo posto. Nessuna era all’altezza di Micol. E l’unico modo per tenere in vita quel sentimento, per alimentarlo, per farle sapere che lui c’era ancora, era parlarle attraverso la musica. La sua musica. Quella che compone con tanta passione, dalla quale traspare tutta la sua sofferenza, il suo dolore. A fare da sfondo a questo romanzo c’è una Firenze nel suo pieno splendore. Una città mutevole come è mutevole l’umore dei protagonisti. La si vede a tratti malinconica, coperta da un manto di nebbia. A tratti silenziosa, sotto una coltre di neve. E a tratti sorridente, sotto un cielo splendente. Una Firenze che ti fa conoscere il suo lato meno conosciuto, meno turistico per uno più umano, più alla portata di tutti.

Questo è un libro che non so, sinceramente, se mi sia piaciuto. È un romanzo che ho letto velocemente ma che non mi ha sorpreso. Non mi ha lasciato con la bocca aperta e con lo stomaco annodato. A tratti l’ho trovato lento, quasi ripetitivo. Ha un ritmo blando, soft, mentre mi sarei aspettata qualcosa di più coinvolgente, con un ritmo più serrato. Che mi facesse provare più emozioni, non solo la sofferenza. Quella la si percepisce davvero molto bene durante tutta la lettura. Ma sono gli altri sentimenti che mi sono mancati. Quelli che mi avrebbero permesso di entrare più in sintonia con i protagonisti, di sentirli parte di me e di tenerli più a lungo con me.

Elle

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