Pestilenza, Laura Thalassa


Ci sono libri che non ti toccano, altri che ti entrano nel cuore. Alcuni nel cuore ci entrano in punta di piedi, stando attenti a non fare rumore. Altri, come Pestilenza, ci entrano con prepotenza, con forza. E poi, una volta arrivata alla fine, ti troverai cambiata, guarderai il mondo con occhi diversi.


L’era dell’uomo è tramontata e al suo posto è giunta quella dei Cavalieri. Sono discesi sulla terra, pronti a sterminarci tutti. 


 Sono passati cinque anni da quando i Cavalieri sono arrivati sulla terra. Cinque anni durante i quali l’elettricità non è costante, internet non funziona più, i motori hanno smesso di funzionare e la tecnologia è un sogno che non esiste più. Ora sulla terra, dei quattro Cavalieri, è rimasto Pestilenza, colui che sparge la Febbre da cui non c’è scampo. 

 Sara Burns è una vigile del fuoco di Whistler in Canada. Mettere la sua vita in pericolo per salvare quella di altre persone è il suo lavoro. Anche adesso che non c’è un incendio da spegnere ma c’è da uccidere un Cavaliere dell’Apocalisse, lei è disposta a morire per salvare gli altri. A lei è toccato il fiammifero bruciato ed è lei che, con tutto il suo coraggio, affronterà Pestilenza. 


 «Gli umani sono stati bravissimi a distruggersi da soli, anche senza il mio aiuto. Io sto solo completando l’opera.» 


 Lo aspetta lungo l’autostrada, con il fucile del nonno e tutto il suo coraggio. Quando lo vede arrivare sul suo cavallo bianco, con la sua armatura dorata e brillante, sente l’adrenalina pompare nelle vene. E quando è alla giusta distanza spara. Pestilenza viene abbattuto ma, ciò che Sara non sa è che il Cavaliere è immortale. Non può morire. Si ferisce, si auto rigenera e torna in vita, come se nulla fosse. Sara diventa la sua prigioniera. Il Cavaliere vuole farla soffrire, vuole che implori pietà. Lui la proteggerà dalla Febbre, da morte certa, ma non la proteggerà dalla sofferenza che lui stesso le infliggerà. 


In questa terra martoriata da una pestilenza, dove la medicina non ha potere, dove l’uomo deve solo soccombere, vediamo queste due persone viaggiare in luoghi desolati per portare la sofferenza. Li vediamo combattersi, conoscersi, iniziare a prendere le misure l’uno dell’altra. Li vediamo affezionarsi, li vediamo provare dei sentimenti. Sentimenti davvero difficili da provare. Come ci si può affezionare a colui che sta spargendo un morbo che flagella la terra? Come si può voltare le spalle alla propria specie per seguire il male? Come si può portare sulle proprie spalle il dolore di vedere l’umanità in fin di vita quando la persona che li sta facendo morire è la persona che ti sta al fianco? Come può l’umanità essere arrivata al punto da voler emulare un dio? Come può credersi superiore a lui? E come può un Cavaliere non provare sentimenti? Non provare pietà per quell’uomo che è praticamente arrivato al giorno del giudizio? Come può portare a compimento il suo compito sapendo che questo provoca dolore e sofferenza? 


 «Sono Pestilenza, e i miei ricordi sono più antichi della storia, più antichi dell’uomo stesso. Esisto da prima che lui nascesse e, cara Sara, esisterò dopo che se ne sarà andato.» 


 Io ho un po' di difficoltà con i paranormal ma quelli che ho letto grazie alla Hope Edizioni mi hanno aperto un mondo. Mi hanno aperto gli occhi e anche il cuore. Pestilenza è entrato nella mia vita forzando porte che pensavo fossero chiuse a chiave. Che pensavo fossero camere blindate. Perché non parla solo di come un Cavaliere immortale si innamora di un’umana. Non parla solo di come si possa “addomesticare” anche l’anima più dura. Parla di sentimenti puri, come l’Amore. Quello con la A maiuscola, quello che ti fa soffrire ma che ti rende felice. Quello che ti fa scendere a compromessi per diventare una persona migliore. Quello che ti fa mettere davanti a tutto il bene dell’altro, anche se potrebbe essere il peggio per te. Quello che ti fa mettere in gioco il cuore sapendo in partenza che ne uscirà spezzato. Pestilenza parla anche di Religione. Non la religione come la intendiamo noi umani. Non l’adorazione di una figura. Parla di ciò che c’è al di sopra di noi. Ciò che dovrebbe muovere il mondo e che, invece, non siamo capaci di ascoltare. È qualcosa che non ha un nome o una identità. È qualcosa che l’uomo non riesce a capire e che ha cercato di rendere umano per piegarlo al suo volere, alla sua convenienza. 

  Pestilenza parla anche di come l’uomo, nei secoli, ha colonizzato la terra rendendolo un pianeta che rischia di implodere. Di come l’uomo sia malvagio, di come abbia voluto prevalere sulle altre specie. Eppure, in tutta questa negatività, in questo buio, in questo sconforto, ci sono persone buone. Persone capaci di portare gioia nella vita degli altri. Persone capaci di provare altruismo, pietà. 

 Questo romanzo è una droga. Lo provi. Ti piace. E non riesci più a smettere. Ti cambia. Ti apre gli occhi. Ti fa riflettere. Ti fa innamorare di Sara e di Pestilenza (sì, il nome proprio del Cavaliere è proprio Pestilenza). Ti fa sorridere. Ti fa soffrire. Ti fa implorare pietà. Ti mette in ginocchio. E poi ti fa rialzare più forte di prima. 


 «Siamo entrambi prigionieri in un luogo che sta tra cuore e cervello.» 


 Ecco cara Hope, io ti ringrazio davvero tantissimo per avermi dato l’opportunità di leggere questo romanzo ma ti chiedo formalmente di avere un occhio di riguardo per chi, come me, si è innamorato di questa saga. Non farci aspettare troppo a lungo per avere la storia degli altri tre Cavalieri. Abbi pietà…

Elle

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