Anna è tornata tra le pagine del mio piccolo blog. Non appena ha visto che il sequel di Gideon la Nona stava per uscire, si è subito fatta avanti, pronta per leggerlo e farlo suo :D
Vi lascio qui sotto con la sua recensione ;)
Metto subito le mani avanti: questa, ahimè, non è una dichiarazione d’amore come quella che avevo dedicato al primo libro della serie, Gideon la Nona (link qui). Questa è una recensione, anche piuttosto critica, di uno dei miei libri più attesi del 2021 e che mi ha delusa molto più di quanto fossi pronta a sopportare.
Prendete tutto ciò che mi era piaciuto nel primo volume: una trama ben gestita, dei personaggi fantastici, battibecchi, frecciatine, sarcasmo grondante da una narrazione corposa e ricca ma non pedante, misteri che si svelavano pian piano, dei secondari di cui mi interessava qualcosa. Ecco, prendetelo… e dimenticatelo.
Harrow la Nona riprende più o meno dal punto in cui finisce Gideon la Nona, pertanto è davvero difficile motivare il disappunto senza fare spoiler. Ma ci proverò.
Partiamo dall’elefante nella stanza: lo scopo della protagonista. Se nel primo era chiarissimo (Harrow voleva diventare Littrice, Gideon voleva scappare dalla Nona Casa e addio scheletri belli), nel secondo barcolliamo nel buio. Non viene dato uno scopo definito e sentito alla protagonista: Harrow, ora Harrow la Prima, si trascina per centinaia e centinaia di pagine a “fare cose”, scivolando in una sequenza di scene che hanno come unico proposito confondere lei – e il lettore – facendo dubitare della loro veridicità.
Se nel primo libro la cosa funzionava, per via di una narrazione che riusciva a compensare e di una gestione degli indizi nettamente superiore, qui assistiamo inermi a vagonate di scene (oltretutto neppure brillanti come “le originali”) senza una briciola di indizio per interpretare ciò che stiamo leggendo.
Tecnicamente Harrow avrebbe uno scopo, ovvero proteggere l’Imperatore dalla Bestia Resurrezionale, solo che non lo sente nemmeno lei, questo scopo. Figurarsi quanto può arrivare al lettore.
Per le prime 300 pagine non c’è un’urgenza, un’esigenza. Ci sono alcune trovate carine, altre notevoli, ma si perdono nel mare magnum di una narrazione che ha perso la freschezza che nel primo libro era dovuta al personaggio di Gideon, attraverso cui veniva filtrata la storia.
Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per la Nona Casa. Tutto quello che Gideon ha fatto, l’ha fatto per la Nona Casa.
E veniamo al secondo punto dolente: la mancanza di Gideon.
Uno dei punti di forza del primo libro erano le interazioni di Gideon/Harrow, i loro insulti creativi, la chimica quando erano entrambe in scena. Se avete letto Gideon La Nona sapete perché questo non poteva accadere di nuovo, e mi stava bene: dovevo rinunciare alla voce caustica e diretta di Gideon ma ero davvero curiosa di entrare nella testa di Harrow, un personaggio che nel primo libro avevo amato.
Solo che qualcosa non ha funzionato.
La narrazione in seconda persona che ricopre la maggior parte degli eventi non mi ha disturbata, ma è risultata annacquata, senza la verve che caratterizzava il primo libro (e la cosa salta all’occhio ancora di più una volta che si “scopre” il motivo – peraltro intuibile da subito – di questa scelta!).
Il personaggio di Harrow è rimasto sbiadito per la maggior parte del tempo ed è stato circondato da nuovi secondari che non hanno aiutato. È quasi impossibile interessarsi a qualcuno del Mithraeum: i Littori senior non lasciano il segno, i (pochi) riferimenti sul loro passato, che dovrebbero essere la chiave per la risoluzione dei “segreti” della cerchia, sono confusi perché metà della gente di cui parlano non sappiamo chi sia, non la conosciamo, non l’abbiamo neanche mai vista in scena. L’Imperatore/Dio è l’unico che emerge, peccato che la rivelazione finale porti con sé alcune incoerenze incomprensibili sul personaggio. Ho provato a ragionarci su, ma il background degli abitanti del Mithraeum è frammentato e confusionario e alla fine ho accettato per sfinimento le motivazioni che dà l’autrice.
Fino al 70% della lettura avrei assegnato a malincuore un voto negativo e, se non fosse stato per l’amore provato per il primo libro, l’avrei forse abbandonato. E poi… il miracolo. L’autrice decide che il tempo degli esercizi di stile e dei virtuosismi fini a se stessi è finito e comincia a scendere a patti con il fatto che mandare avanti la trama, in un libro di genere, è necessario.
Si torna ai vecchi fasti, incontriamo vecchi personaggi, arrivano spiegazioni che portano altre domande, rivelazioni sul passato, battaglie e un cliffhanger che spiana la strada al terzo volume, Alecto La Nona, annunciato in lingua per il 2022.
Ho avuto l’impressione che la Muir, con Harrow la Nona, abbia deliberatamente calcato la mano nel tentativo di distinguersi e stupire a tutti i costi. Ma nel farlo ha allungato il brodo e trattenuto troppo a lungo le informazioni di cui il lettore aveva bisogno per affrontare la lettura.
È una scelta autoriale precisa, ma che io non sono riuscita ad apprezzare.
Per quanto l’ultimo terzo del libro mi sia davvero piaciuto, è impossibile dimenticare i primi due terzi, infarciti di avvenimenti ripetitivi che non sempre portano un valore aggiunto alla narrazione.
Se devo fare una media tra i primi due terzi e l’ultimo terzo, Harrow la Nona risulta un libro sufficiente, che purtroppo soffre della sindrome del secondo volume.
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