Di cenere e di carne, Laura Vegliamore

Ormai lo sapete. Quando Bianca Ferrari fa la promo di un libro io non ci penso nemmeno. Vado su Amazon e lo scarico. Non leggo nemmeno la trama. Vado a colpo sicuro. Perché so che qualsiasi cosa lei proponga merita di dargli una possibilità.


“Quando so che il mondo sta per spezzarsi, il tuo viso è quello che riesce a tenermi fermo.”


Lucrezia è una ragazza normale. Non è bella, non è appariscente, non è neanche particolarmente intelligente. È timida, è ingenua, è istintiva. Lucrezia è entrata in convento e ci è rimasta fintanto che i soldi della famiglia non sono finiti. Quando si trova in ristrettezze economiche ecco che la sua vita deve prendere una piega diversa e, fortunatamente, la cosa si risolve quando una contessa italiana un po’ eccentrica la chiama nel suo palazzo per leggere libri. La contessa ha una biblioteca davvero ben fornita e una quantità di libri davvero esagerata. I testi sono tutti diversi. Alcuni sono libri grandi e pesanti, altri sono albi illustrati e, altri ancora, libri piccoli che possono stare nelle tasche. Lucrezia ha la capacità di dare una voce a questi testi. Una voce accorata, appassionata. Il suo compito nel palazzo è, solo ed esclusivamente, quello di leggere ad alta voce. Non importa se nella stanza c’è solo la contessa o se non c’è proprio nessuno. Lucrezia deve comunque leggere ad alta voce. E la sua più grande capacità è proprio quella di dare voce a quei testi. Di leggerli con passione e una cadenza che riesce a riportarli in vita e dargli una possibilità. Le giornate a palazzo si trascinano lente e indistinte fin quando Lucrezia trova in un libro un piccolo foglietto ripiegato. Quel biglietto, però, Lucrezia non avrebbe mai dovuto trovarlo. Su quel biglietto è scritta una frase d’amore. Una frase che “il demonio” ha scritto e che ha lasciato in quel volume perché, la sua amata potesse trovarlo.


“Ti prego, Thomas, esisti. Respira al di fuori di lui, ama al di fuori di me”.


Thomas è un ragazzo francese. Da quando ha festeggiato il suo sesto compleanno è tormentato da incubi. Più precisamente da quando alla sua festa ha preso fuoco la sua manica. Da quel momento in lui si è risvegliato qualcosa. In quel momento il suo mondo si è capovolto e ha iniziato a parlare una lingua che non è la sua. Le parole gli sono uscite da sole dal petto e, da quel momento, i bambini che erano con lui alla festa lo hanno classificato come “quello strano”. Quello da cui è bene stare lontani. Thomas ha vissuto una vita solitaria. Sempre da solo, isolato. Spesso gli capita di cadere in una specie di trans e gli capita in qualsiasi momento, anche mentre sta camminando in mezzo alla strada. Per questo i suoi genitori lo hanno portato, fin da piccolo, da un medico che lo ha preso in cura. I medici, con gli anni, si sono susseguiti. Ognuno con le proprie teorie, con i propri studi, con le proprie medicine. Ma nonostante tutto il risultato non è mai cambiato. Thomas, a distanza di anni, soffre ancora di questi disturbi e vive una vita sempre più solitaria. Ed è proprio quando Thomas decide di lasciare la Francia per fare un viaggio in Italia e si ritroverà nelle stanze di quel palazzo. E, in quel momento, passato e presente si fonderanno insieme per portare alla luce la sua verità.


“Come farò a riconoscerti quando il mondo sarà finito?”

“Sarà come un lampo sotto la pelle”.


Classificare questo libro è davvero difficile. Non è il classico romanzo rosa ma è un romanzo che parla d’amore. Un amore che va oltre i confini del tempo e dello spazio. Un amore che rivivrà fino alla fine dei tempi. Perché è di quelli immortali, che sopravvive al passare del tempo. E quando due persone si guarderanno negli occhi e scoccherà la scintilla, ecco che quell’amore, proprio quello lì, rivivrà.
Posso davvero dire che questo romanzo è il più strano che mi sia capitato di leggere ultimamente. Eppure, una volta che ti lasci trascinare dalla narrazione, questa ti trascina in quelle stanze affrescate, in quella biblioteca che profuma di legno, di polvere e di carta. Te la fa immaginare. Ti basta chiudere gli occhi per poter vedere le alte finestre che danno sul giardino, con la brezza estiva che fa smuovere le lunghe tende. E poi, sulla poltrona, proprio vicino a quella finestra, vedere Lucrezia che legge uno di quei volumi pesanti. E se presti attenzione ti pare di sentire la sua voce, dapprima timida e insicura e poi, via via che prende confidenza con il libro, diventare più sicura, più partecipe, più accorata. E la cosa bella di Lucrezia è che, nella sua ingenuità, riesce ad andare oltre le apparenze. Oltre il marchio del “mostro” che è stato cucito addosso a Thomas. E anche questo va oltre i confini del tempo. Perché, anche oggi che siamo ben oltre il ventunesimo secolo, ciò che è diverso da noi ci fa paura. Una persona diversa da noi viene emarginata, viene etichettata con parole dure, cattive. Parole che feriscono e che lasciano cicatrici difficili da rimarginare. Ma basta un animo buono perché quella mano, invece di punire, può portare aiuto, sollievo, amore. E magari, col tempo, può riuscire, come un balsamo, a sanare le ferite.


Sono nato così perché dovevo essere un mostro, o lo sono diventato perché sono nato così?

Elle

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