Playing time, Moloko Blaze

Solo pochi giorni fa ho scoperto questa autrice e ne sono rimasta folgorata. Mi ha emozionato con Undressed (di cui trovate la recensione qui) e, quando ho visto che era in uscita con un nuovo libro, non ho saputo trattenermi. Ho dovuto farlo mio! Lo ammetto, le aspettative non erano alte, di più. Eppure non sono affatto rimasta delusa...


Immaginare di essere viva solo grazie alle labbra di qualcun altro significava anche che quella persona fosse in grado di togliermi quella vita con lo schiocco di due dita. 


Reagan ha ventun anni e vive ad Harlem. Lavora da Burger King per mantenere sé stessa, un fratellastro spacciatore e la matrigna che si fa di qualsiasi cosa. Reagan è mulatta, figlia di un uomo di colore e di una donna tedesca. Entrambi se ne sono andati, abbandonandola ad una donna che l’ha cresciuta ma che non le ha voluto bene. Una donna a cui bisognava avvicinarsi in punta di piedi perché bastava davvero poco per scatenare la sua ira.
Reagan ama indossare vestiti in stile rapper, abiti informi di quattro taglie più grandi della sua, pur di nascondere le sue forme procaci. Lei è una donna che nonostante la giovane età ha imparato ad essere indipendente, a non chiedere nulla a nessuno, a risolvere i suoi problemi da sola, a fare affidamento solo su sé stessa. Non ha mai avuto un ragazzo perché nessuno ancora le ha fatto provare un sentimento reale. Tutti coloro che si sono avvicinati a lei, l’hanno fatto per il suo corpo, non per la anima, non per il suo cuore. La sua unica passione? Il teatro. È così che conosce Noah, il protagonista delle pièce teatrale in cui recita una piccola parte. 


«Innamorarsi di uno come Noah è come lanciarsi da un aereo senza paracadute.» 


Noah è un James Dean dei giorni nostri. Simili le origini, simile il portamento, simile il viso. È un bellissimo ragazzo di ventotto anni dagli occhi tormentati e con un grande talento come attore e sceneggiatore. Noah ha un occhio di riguardo per Reagan, ha la capacità di vedere oltre i vestiti nei quali lei si infagotta, oltre le sue maschere. Ci tiene a lei, alla sua carriera, ai suoi sogni. Vuole aiutarla a uscire dal suo guscio, ad immaginare un futuro, a provare a realizzare quei sogni che lei ha paura anche solo a raccontare, anche solo a pensarli.
Lui è pronto a darle tutto, tranne l’amore. Lei non vuole altro che l’amore. Un sentimento che lui non può e non vuole provare.


«Non avere paura dei tuoi desideri, dei tuoi sogni, delle tue aspettative. Sono queste cose che ci fanno sentire vivi. Vivere non è sopravvivere.»


Sarò brutalmente sincera. All’inizio ho avuto qualche difficoltà a procedere con la lettura. Mi aspettavo un libro che in qualche modo ricalcasse quello precedente, che fosse più o meno sulla stessa lunghezza d’onda. E invece mi sono trovata tra le mani un romanzo completamente diverso. Pagina dopo pagina, ho visto le differenze, ho visto cadere le maschere, ho visto il palcoscenico sul quale l’autrice ha voluto far recitare i suoi protagonisti.
Penso che tutti noi recitiamo una parte, portiamo delle maschere, non siamo mai realmente, totalmente noi stessi. A seconda delle persone che ci troviamo davanti recitiamo il nostro ruolo. Al lavoro ne abbiamo uno, coi figli un altro, con il compagno un altro ancora, con le amiche un altro ancora diverso. Persino quando siamo da soli indossiamo una maschera. Una che ci permette di nascondere quel lato di noi che poco ci piace. E il nostro palcoscenico è la nostra vita, le nostre giornate, le nostre abitudini, la nostra routine. So che detta così possa sembrare che non siamo mai sinceri, neanche con noi stessi. Semplicemente facciamo uscire dei lati nella nostra personalità a seconda delle situazioni e ne nascondiamo degli altri. E le nostre maschere, i ruoli che recitiamo, servono proprio a questo, a “nascondere” dei lati di noi e a farne uscire altri. Ma dove finisce un ruolo e ne comincia un altro? Si smette mai di recitare una parte?

Moloko Blaze con Playing Time ci fa capire questo. Fa cadere alcune maschere e ne fa indossare altre. Riesce a far togliere quei vestiti enormi a Reagan, riesce a farla andare oltre le parole sboccate che dice. Riesce a farla sentire libera dai meccanismi mentali che la tenevano imprigionata, che la legavano al suo passato. Riesce a farla sentire libera di essere ciò che vuole. Senza doversi soffermare sempre al dare un nome alle cose, al doverle sempre per forza classificare, etichettare. Riesce a farle smettere di recitare il ruolo della ragazza che non può avere desideri perché nata in un quartiere povero e farla entrare nella parte della ragazza che deve e può giocarsi tutte le carte che vuole pur di arrivare al suo obiettivo. Come abbia fatto l’autrice a tirarmi fuori tutte queste emozioni, tutti questi pensieri, da questo romanzo, davvero non lo so. Forse perché Moloko Blaze è davvero brava, forse perché la narrazione è talmente coinvolgente che non puoi smettere di leggere se non arrivata alla fine. Con questo libro non basta un riduttivo “leggetelo perché merita”, è necessario un “leggetelo perché è un romanzo che va decisamente oltre alle scene di sesso che lo contornano”. Ed è proprio questa la verità. Le scene hot, in questo caso, sono un contorno, sono l’ennesimo palcoscenico su cui si esibiscono i protagonisti ma, a differenza di Undressed, non è attraverso il sesso che i protagonisti trovano la libertà di essere quello che vogliono, senza costrizioni mentali. Playing time è un libro profondo. Un libro che ti tocca e che ti lascia il segno. Un libro che ti fa riflettere, un libro che ti rimane dentro. 


«Parlavo sul serio, sei la più dotata e io riesco a vederlo perché so guardare oltre il fagotto. E fossi io il regista lavorerei con te per eliminare questo fagotto strato per strato. È adorabile questa tua riservatezza, ma non deve essere un limite, deve essere una risorsa.»

Elle

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