Questo è un libro che avevo acquistato almeno due vite fa. Ogni tanto ci passavo sopra con il mio ditino e poi andavo oltre. Non so perché non mi ci sono mai fermata sopra e deciso di leggerlo. Ma il suo momento è arrivato. Finalmente.
“Tu sei la migliore, Zoe. Sei molto meglio di me. Hai il coraggio di essere te stessa. Io mi nascondo dietro una facciata, dietro una definizione. Tu non ti preoccupi invece di essere Zoe Caroline Jane Martin. Non piaci a tutti, certo. Ma è meglio essere scelto da pochi che adorato da molti.”
Zoe ha diciassette anni e deve traslocare. La madre ha deciso di andare a convivere con il compagno e devono lasciare la loro casa per andare a vivere a Peoria. Zoe non è affatto felice di andarsene. A scuola è la direttrice del giornalino, fa parte della squadra di scacchi ed è molto impegnata. Ma ciò che le dispiace maggiormente è lasciare le sue migliori amiche. Zoe è una che non si gode molto la sua età. Non ha mai avuto un ragazzo, non ama andare alle feste, non pratica sport. Lei preferisce leggere i grandi classici e scrivere romanzi rosa su wattpad. Diciamo che, sotto certi aspetti, è una con la puzza sotto il naso. Appiccica un’etichetta per catalogare le persone e in base all’etichetta assegnata decide se averci a che fare o meno. Per lei i giocatori di football sono zotici zucconi trogloditi e le cheerleader ragazze molto belle ma senza cervello. E meno si ha a che fare con loro e meglio è.
“Perché io sono Kyle Thorne e non, per esempio Zoe Caroline Jane Martin? Secondo quale criterio io sono io? Secondo quale criterio a noi è capitata una vita e ad altri ne è capitata un’altra?”
Ma il destino vuole che il compagno di mamma, Max, abbia un figlio della sua età. Frequenteranno la stessa scuola e dovranno convivere parecchie ore al giorno. Magari cercando di andare d’accordo. Ma come si può andare d’accordo con uno ZZT (zotico zuccone troglodita di cui sopra)? Ebbene sì. Kyle è proprio il capitano della squadra di football e i suoi amici del cuore (Logan, Seth e Dave) fanno tutti parte della stessa squadra. Kyle è il classico bel ragazzo che se la spassa alla grande. Le ragazze non gli mancano e lui non si fa problemi a cambiarla non appena si presenta occasione migliore. Kyle è uno che se la gode parecchio ma, sotto quel leggero strato di apparenza, anche lui ha un cuore. È un burlone che ama fare scherzi a Zoe, un po’ per farla arrabbiare e un po’ perché è proprio nella sua natura di rompiscatole.
Invece di lamentarci, forse dovremmo essere noi a cambiare. Dovremmo fare qualcosa di inusuale per noi, qualcosa di diverso, di rischioso, ma che possa renderci felici.
La convivenza tra Zoe e Kyle non può iniziare che nel peggiore dei modi. Zoe è leggermente seccata da questo trasloco, il suo atteggiamento non è molto collaborativo e non cerca nemmeno di nascondere il suo disappunto. Kyle, invece, è più affabile. È contento che il padre, finalmente, abbia deciso di convivere con la sua nuova compagna e accetta di buon grado le nuove arrivate. Ma cosa succederà durante questo anno scolastico appena iniziato? Come evolveranno le loro vite? E quelle delle persone che vivono loro accanto?
Non c’è niente di più importante che essere sé stessi. Che le persone che ti vogliono bene saranno sempre al tuo fianco.
Per l’ennesima volta, arrivata alla fine, mi sono domandata perché non avessi letto prima questo libro. Come mi accade spesso ultimamente, l’ho divorato. In poco più di ventiquattro ore l’ho iniziato e l’ho finito. E mi è piaciuto un sacco. In Unpopular troviamo tutte quelle dinamiche che muovono i comportamenti dei diciassettenni. Gli sbalzi d’umore, i primi innamoramenti, le gelosie, le delusioni. Le amicizie che nascono e quelle che invece finiscono. Troviamo anche la crescita che in un solo anno scolastico può avvenire in loro. Ma troviamo, soprattutto, il cambiamento che una nuova persona può portarti a fare. Un cambiamento in meglio. Un cambiamento che non si sarebbe mai sospettato. Un cambiamento che ti porta a rivedere le tue convinzioni, che ti porta a dare una seconda possibilità a qualcuno. Che ti fa sbocciare. Che ti fa crescere. Che permette di prendere decisioni importanti con la propria testa, senza seguire il branco o quello che vorrebbero gli altri per te. Che ti fa tendere una mano a chi ne ha più bisogno. Che ti permette di guardare oltre le apparenze e vedere le persone per quelle che sono realmente. E, che dire, anche se non ho più diciassette anni da un pezzo ormai, vorrei anche io poter rivedere il mondo attraverso quegli occhiali magici.
Ci crediamo immortali, ci crediamo potenti, ma siamo fragili di una fragilità da poter essere spazzati via da un soffio di vento.
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