
Ebbene sì, siamo giunti al termine della settimana dedicata a Kennedy Ryan, quindi eccomi qui a parlarvi di Still. Essendo
l’ultimo libro di una serie, vi metto in guardia da possibili SPOILER!
“Sono io casa tua, Bristol.”
In Still ritroviamo Grip e Bristol sempre più innamorati.
Finalmente Bristol ha deciso di dargli una possibilità e ora sono felici di
vivere la loro vita insieme. Grip è sempre più sulla cresta dell’onda, sempre
più famoso. Il suo primo disco ha venduto tantissimo e il suo impegno è stato
ben riconosciuto. La sua vita non si limita alla sala di incisione ma Grip ha
deciso di seguire dei corsi per il college online. Lui sa molto bene che, come
cantante hip hop, non può continuare a cantare su un palco per il resto
della sua vita, sa che, prima o poi, dovrà cedere il posto a qualcuno di più
giovane di lui. Ma nella sua vita vuole fare la differenza per chi non ha la
possibilità di difendersi da solo. Per le persone di colore, di qualsiasi
colore sia la loro pelle, che finiscono in prigione ingiustamente, che non
hanno la possibilità di pagare la cauzione, che non hanno la possibilità
economica di difendersi o che hanno subito una pena più dura di quella che
sarebbe stata data ad un bianco. Per tutti questi motivi Grip decide di
frequentare un semestre all’università di New York e di seguire il corso del
professor Hammond, un famoso attivista di diritto penale.
Anche la carriera di Bristol è decollata. Ora non ha solo
Rhyson e Grip come clienti, ma anche altri cantanti che la impegnano sempre di
più. La decisione che ha preso Grip di trasferirsi per sei mesi sull’altra
costa dello Stato non le fa paura, perché ha deciso di seguirlo e supportarlo
in questa sua nuova esperienza. L’amore che prova per Grip è sempre più forte.
Sa che può sempre contare su di lui, qualsiasi cosa dovesse succedere loro. E,
fino a quando le cose vanno a gonfie vele, nulla le fa pensare che qualcosa
possa mettersi tra di loro, ma la vita, a volte, ti mette dei bastoni tra le
ruote e, quando lo fa, devi solo cercare di stare in piedi nel miglior modo
possibile.
“Non sentirti in colpa perché non sai
qualcosa.”
…
“Sentiti in colpa per il fatto di non
agire una volta che ne vieni a conoscenza.”
…
“L’ignoranza è uno stato naturale.
Non è qualcosa per cui sentirti in colpa, piuttosto è qualcosa da affrontare.
Siamo nati senza sapere niente, sono le nostre esperienze che ci forniscono le
informazioni.”
Ormai sapete che sono sempre sincera. Fino alla fine della
prima parte del libro mi sono più volte domandata cos’avesse ancora da
raccontare l’autrice sui nostri protagonisti. Tutto quello che poteva loro
succedere era già praticamente accaduto. Che altro si poteva aggiungere? Mi
sarei aspettata, nella seconda parte, che si approfondisse l’argomento razzismo
e, in parte è stato fatto, ma non mi sarei di sicuro aspettata quello che la
Ryan è stata capace di tirar fuori dal cilindro.
La vita è la più grande forma di
equalizzazione. Ha un modo di strappar via quei privilegi, rendendoli
irrilevanti. Nero, bianco, ricco, povero… quando piove, ci bagniamo tutti.
Quando piove a dirotto, a volte, non c’è riparo.
L’argomento che ha deciso di affrontare è davvero delicato e difficile.
Eppure l’ha affrontato in modo esemplare. È stata riguardosa, delicata nell’affrontare
dei sentimenti così fragili. Ho pianto tanto al pensiero di quanto abbiano
dovuto subire Grip e Bristol, e come loro, anche le persone che nella vita
reale si sono trovate nella loro stessa situazione, a dover fare delle scelte
che non avrebbero mai voluto fare, a dover affrontare un dolore che umanamente
non mi è possibile immaginare.
E, se da una parte troviamo questa difficile situazione nella
loro vita privata, dall’altra parte li troviamo fianco a fianco per aiutare chi
ha più bisogno di loro, ad affrontare un argomento difficile come il razzismo.
Non solo del bianco verso il nero, ma anche del razzismo al contrario. Del nero
che non accetta un bianco nella vita del proprio figlio, del proprio amico,
cugino o parente.
Le cose più difficili della vita non
hanno via di fuga, né espedienti. Non c’è modo di aggirarle, bisogna
attraversarle. Ci trasciniamo attraverso queste tempeste. Ci scuotono. Ci
bagnano, ci cambiano e ci privano della protezione che pensavamo che il
privilegio ci garantisse, solo per capire che tutti sanguinano alla fine. Tutti
soffriamo. Tutti moriamo.
Se, fino ad un certo punto non sono riuscita a farmi
emozionare come era successo con Grip (di cui trovare la recensione
qui), superata quella curva, mi sono ricreduta. Ho percepito il dolore,
l’ansia, il buio che li ha assaliti. E con questi sentimenti ho visto la loro
forza, il loro amore. Un amore che davvero può sopravvivere a qualsiasi cosa la
vita decida loro di mettere davanti. Un amore che Grip è sempre pronto a
difendere, anche quando non gli è possibile farlo. Un amore da proteggere, da
coltivare giorno dopo giorno.
Voglio un amore senza muri.
Ora che sono arrivata alla fine di questa trilogia so che i
suoi protagonisti mi mancheranno, in particolar modo quello maschile. Io avevo un prestavolto tutto mio per Grip e so che, tutte le volte che guarderò
quella serie TV, mi verrà in mente lui, e sto parlando di Okieriete Onaodowan. Questo ragazzone di colore con gli occhi
dolci che non ha paura di mostrare i suoi sentimenti pur di poter tenere al
proprio fianco l’amore della sua vita.
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