
Quando
sono entrata in biblioteca per restituire dei libri, tra i vari volumi che erano
esposti sul bancone una copertina ha attirato la mia attenzione, quella de Il
sole è anche una stella.
Baciarsi è un altro modo per parlarsi, solo senza
parole.
Natasha
non crede nel destino e non crede nell’amore. Nonostante abbia solo diciassette anni
è piuttosto cinica. Lei crede solo nelle cose che si possono dimostrare
scientificamente. Natasha è una giamaicana che vive in America come immigrata
clandestina insieme alla sua famiglia. Per ben nove anni hanno vissuto a New
York in clandestinità e ora mancano solo dodici ore prima del loro rimpatrio
forzato. Per una teenager cresciuta negli Stati Uniti è difficile accettare il
fatto che debba lasciare la città, la scuola e gli amici per riprendere tutto
in un altro paese in cui non si riconosce. È per questo che, invece di stare a
casa ad aiutare la famiglia a fare i bagagli, si reca presso l’ufficio
immigrazione per provare, per l’ultima volta, a rinviare il rientro in
Giamaica.
C’è un’espressione giapponese che mi piace: koi no yokan. Più che un colpo di fulmine vero e
proprio, descrive un colpo di fulmine a scoppio ritardato. La sensazione che
provi quando incontri la persona di cui finirai per innamorarti. Magari non
sarà amore a prima vista, ma inevitabilmente ti innamorerai di lei.
Daniel
è un americano nato da genitori coreani. I suoi genitori hanno vissuto nella
povertà finché sono arrivati in America per trovare lavoro e, soprattutto, per
offrire un futuro migliore ai loro figli. Per questo sono molto rigidi con
Daniel e il fratello, pretendono che studino medicina nella migliore università
per non dover fare dei lavori umili e sottopagati pur di riuscire a
sopravvivere. Ma Daniel non è uno scientifico, lui è un poeta. Crede nell’amore
e nel fato. Crede che tutto accade per un motivo e, quando incontra Natasha per
la prima volta, capisce che il destino ha in serbo per loro qualcosa di
importante.
Il bello di perdere la testa è che non hai più il
controlli delle tue azioni.
La
narrazione della storia dura solo dodici ore, poche ore in cui avviene di
tutto. Dodici ore che sembrano una vita intera. Il tempo, quando stanno
insieme, si dilata e permette loro di conoscersi, di capire se possono
diventare qualcosa di più che semplici amici.
Le
coincidenze relative al loro incontro e al tempo che passano insieme sono
davvero tante e anche Natasha non può che affermare che il destino ci ha
messo lo zampino. Ma, evidentemente, il destino ha voluto che si incontrassero
e stessero insieme solo per poco tempo. Che in quei brevi momenti Daniel trovasse
la forza di fare una scelta consapevole di quello che vuole dal proprio futuro
e che Natasha rivedesse la propria filosofia di vita.
“Non credo nell’amore.”
Di
questa autrice avevo già letto “Noi siamo tutto” e ho anche visto il film che
ne hanno ricavato e, devo dire, che pure questo libro mi è piaciuto molto. È
strano, particolare, con un modo di scrivere davvero fuori dal comune. Non
abbiamo solo il punto di vista dei due protagonisti ma anche delle persone che
incontrano, delle persone che gli stanno vicino. Conosciamo le loro vite, la
loro verità.
E
a fare da sfondo un tema molto attuale negli Stati Uniti: l’immigrazione.
Argomento che viene visto da più punti di vista: sia da chi vive da anni in
quella nazione ed è costretto a lasciarla perché irregolare, come Natasha, e
sia da chi ci è nato e si trova ad essere sì americano, ma con delle forti
radici del paese di origine, come Daniel.
Altro
argomento trattato è il rapporto genitori-figli. Come, da bambini, i genitori
sono tutto per i propri figli e, in fase adolescenziale questo rapporto cambia,
viene messo in discussione, viene visto con occhi diversi, più critici, anche
se l’affetto rimane. Momento che dovrò vivere a breve con la figlia grande e spero di riuscire a passare più o meno indenne.
Succede tutto per una ragione.
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