! RP ! Caccia Fredda. Toni Anderson

È da tantissimo tempo che non partecipo ad un review party e, quando ho avuto l’opportunità di partecipare a questo, non ho potuto lasciarmela scappare. Tempo fa avevo letto Un luogo freddo e oscuro, il primo libro della serie Cold Justice (di cui trovate la recensione qui) ed ero curiosa di leggere altro di questa autrice.

Ma che madre era? Inadeguata. Piena di difetti. Che arrancava. Normale.

Vivi Vincent è una mamma single la cui unica priorità è il benessere del figlioletto di otto anni, Michael, e che si sente inadeguata al ruolo. Praticamente vive per lui. Vivi ha un carattere forte e indipendente e non si tira indietro davanti alle difficoltà. Lotta giornalmente per proteggere il figlio e per farlo crescere nel migliore dei modi. Michael ha subìto un trauma da piccolo e, da quel momento, ha smesso di parlare. Non emette alcun suono. La madre lo ha portato a far visitare da alcuni specialisti, ma nessuno ha mai saputo diagnosticargli una malattia. È per questo che si trovano nella città di Minneapolis.: per far visitare Michael da un famoso neuroscienziato psichiatrico. Quando decidono di passare qualche ora al centro commerciale vicino all’hotel, si trovano intrappolati nel Minneapolis Mall a causa di un attacco terroristico. Nel trambusto del momento, Vivi nasconde il figlio in un armadio, raccomandandogli di non muoversi e non fare rumore e rassicurandolo che, appena possibile, sarebbe tornata a liberarlo. È solo con molto sangue freddo, una buona dose di fortuna e l’aiuto di Jed Brennan che ne escono praticamente sani e salvi. Ma Michael, nel suo nascondiglio, potrebbe aver sentito parlare i terroristi e potrebbe essere a conoscenza di importanti dettagli riguardanti eventuali altri attacchi. È per questo che diventa, purtroppo, un bersaglio vivente.

Anche i lavori più importanti sono fatti da uomini e donne. Umanamente difettosi, complicati e imprevedibili.

Jed è un agente speciale dell’FBI che lavora presso il Dipartimento di Analisi Comportamentale di Quantico e si trova a Minneapolis in vacanza. Il suo capo gli ha ordinato di prendersi una pausa dal lavoro dopo che si è lasciato coinvolgere troppo nell’ultimo caso riguardante la cattura di un serial killer. Jed è un gran lavoratore, possiamo dire che il lavoro è tutta la sua vita. Prima di entrare nell’FBI era un soldato addestrato per le squadre speciali d’assalto e, una volta trovatosi nel bel mezzo dell’attentato al centro commerciale ha reagito d’istinto, con estrema freddezza, cercando di salvare quanti più civili possibile e uccidendo gli attentatori. Essendo dell’FBI e trovandosi sul posto viene presto coinvolto nelle indagini e, la sua principale preoccupazione diventa quella di proteggere Michael e Vivi. Per la loro sicurezza si nascondono in una baita isolata sulle montagne del Winsconsin, dove la convivenza forzata farà venire a galla emozioni dimenticate.

L’idea di togliere la vita a qualcuno era aberrante, ma l’idea di qualcuno che uccideva suo figlio perché lei era troppo idealista e incapace di prendere in mano un’arma era peggiore.

Tra tutti i personaggi quello che mi è rimasto di più nel cuore è proprio Michael. Un bambino che si è chiuso a riccio, in sé stesso, dal momento in cui ha subìto un grosso trauma, che si è imposto di non emettere più alcun suono ma che, nel momento di maggior bisogno, ha tirato fuori tutta la sua forza. Un bambino che nonostante non comunichi con le parole ha trovato altri mezzi per esternare i suoi sentimenti e le sue emozioni.

Meno pistole in giro avrebbero reso la sua vita meno pericolosa, ma la gente era capacissima di uccidere con piedi di porco, auto, cacciaviti, coltelli, fuoco, elettricità e mille altri oggetti di uso quotidiano. Le pistole erano strumenti come gli altri, ma di certo molto efficaci quando si trattava di uccidere il maggior numero di persone nel minor tempo possibile. Cambiare le leggi sulle armi negli USA avrebbe richiesto un intervento divino.

Se normalmente la storia d’amore è la protagonista del libro, in questo caso mi permetto di dire che è solamente un contorno. L’argomento principale è l’attacco terroristico e l’uso (e l’abuso) di armi negli USA. Purtroppo dopo il tristemente famoso 11 settembre, questo genere di notizia è stato dato fin troppe volte ai telegiornali. Ma cosa spinge una persona a immolarsi per un gesto simile? Quali complotti politici si nascondono dietro a questi atti? Quanta forza serve per evitarne di nuovi?

Sicuramente non è un romanzo che può darci questo genere di risposte, ma ci può far riflettere. Riflettere su quanto siamo fortunati a non averne vissuto uno in prima persona, riflettere su quanto siano necessari dei buoni servizi di intelligence, riflettere su quanto sia facile cercare di far scoppiare una eventuale guerra mondiale e riflettere su quanto sia radicato nella mentalità americana l’utilizzo delle armi.

Elle

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