È da tantissimo tempo che non partecipo ad un review party e, quando ho avuto l’opportunità di
partecipare a questo, non ho potuto lasciarmela scappare. Tempo fa avevo letto Un luogo freddo
e oscuro, il primo libro della serie Cold Justice (di cui trovate la recensione qui) ed ero curiosa di
leggere altro di questa autrice.
Ma che madre era? Inadeguata. Piena di difetti. Che arrancava. Normale.
Vivi Vincent è una mamma single la cui unica priorità è il benessere del figlioletto di otto anni,
Michael, e che si sente inadeguata al ruolo. Praticamente vive per lui. Vivi ha un carattere forte e
indipendente e non si tira indietro davanti alle difficoltà. Lotta giornalmente per proteggere il figlio
e per farlo crescere nel migliore dei modi. Michael ha subìto un trauma da piccolo e, da quel
momento, ha smesso di parlare. Non emette alcun suono. La madre lo ha portato a far visitare da
alcuni specialisti, ma nessuno ha mai saputo diagnosticargli una malattia. È per questo che si
trovano nella città di Minneapolis.: per far visitare Michael da un famoso neuroscienziato
psichiatrico. Quando decidono di passare qualche ora al centro commerciale vicino all’hotel, si
trovano intrappolati nel Minneapolis Mall a causa di un attacco terroristico. Nel trambusto del
momento, Vivi nasconde il figlio in un armadio, raccomandandogli di non muoversi e non fare
rumore e rassicurandolo che, appena possibile, sarebbe tornata a liberarlo. È solo con molto
sangue freddo, una buona dose di fortuna e l’aiuto di Jed Brennan che ne escono praticamente
sani e salvi. Ma Michael, nel suo nascondiglio, potrebbe aver sentito parlare i terroristi e potrebbe
essere a conoscenza di importanti dettagli riguardanti eventuali altri attacchi. È per questo che
diventa, purtroppo, un bersaglio vivente.
Anche i lavori più importanti sono fatti da uomini e donne. Umanamente difettosi, complicati e
imprevedibili.
Jed è un agente speciale dell’FBI che lavora presso il Dipartimento di Analisi Comportamentale di
Quantico e si trova a Minneapolis in vacanza. Il suo capo gli ha ordinato di prendersi una pausa dal
lavoro dopo che si è lasciato coinvolgere troppo nell’ultimo caso riguardante la cattura di un serial
killer. Jed è un gran lavoratore, possiamo dire che il lavoro è tutta la sua vita. Prima di entrare
nell’FBI era un soldato addestrato per le squadre speciali d’assalto e, una volta trovatosi nel bel
mezzo dell’attentato al centro commerciale ha reagito d’istinto, con estrema freddezza, cercando
di salvare quanti più civili possibile e uccidendo gli attentatori. Essendo dell’FBI e trovandosi sul
posto viene presto coinvolto nelle indagini e, la sua principale preoccupazione diventa quella di
proteggere Michael e Vivi. Per la loro sicurezza si nascondono in una baita isolata sulle montagne
del Winsconsin, dove la convivenza forzata farà venire a galla emozioni dimenticate.
L’idea di togliere la vita a qualcuno era aberrante, ma l’idea di qualcuno che uccideva suo figlio
perché lei era troppo idealista e incapace di prendere in mano un’arma era peggiore.
Tra tutti i personaggi quello che mi è rimasto di più nel cuore è proprio Michael. Un bambino che si
è chiuso a riccio, in sé stesso, dal momento in cui ha subìto un grosso trauma, che si è imposto di
non emettere più alcun suono ma che, nel momento di maggior bisogno, ha tirato fuori tutta la
sua forza. Un bambino che nonostante non comunichi con le parole ha trovato altri mezzi per
esternare i suoi sentimenti e le sue emozioni.
Meno pistole in giro avrebbero reso la sua vita meno pericolosa, ma la gente era capacissima di
uccidere con piedi di porco, auto, cacciaviti, coltelli, fuoco, elettricità e mille altri oggetti di uso
quotidiano. Le pistole erano strumenti come gli altri, ma di certo molto efficaci quando si
trattava di uccidere il maggior numero di persone nel minor tempo possibile. Cambiare le leggi
sulle armi negli USA avrebbe richiesto un intervento divino.

Sicuramente non è un romanzo che può darci questo genere di risposte, ma ci può far riflettere. Riflettere su quanto siamo fortunati a non averne vissuto uno in prima persona, riflettere su quanto siano necessari dei buoni servizi di intelligence, riflettere su quanto sia facile cercare di far scoppiare una eventuale guerra mondiale e riflettere su quanto sia radicato nella mentalità americana l’utilizzo delle armi.
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