Dopo aver letto un libro come Come anima mai (di cui
trovate qui la recensione) mi sono dovuta buttare su un genere completamente
diverso, su un libro che non avesse nulla a che fare con un romance. Diciamo
che mi sono dovuta “disintossicare”. E cosa c’è di meglio di un bel giallo?
L’esperienza è responsabilità! Se uno sa fare, deve fare.
Il libro comincia con un feroce assassinio in un casolare
isolato nel lontano 1989. In questa fattoria nella campagna della Danimarca ci
sono dei corpi martoriati e una stanza piena di omini fatti con le castagne.
Subito dopo si passa ai giorni nostri e all’omicidio di una donna, mamma di un
bambino con dei problemi comportamentali. Questo è il primo di una serie di
omicidi di donne il cui unico carattere in comune è il ritrovamento, sul luogo
del delitto, di un omino fatto con le castagne. Nessuna impronta. Nessun
indizio che possa portare all’assassino. Ad indagare sul caso troviamo due
agenti: Naia Thulin e Mark Hess.
L’agente Thulin è una mamma single che si trova spesso a
dover lasciare la figlia al nonno per poter svolgere al meglio il proprio
lavoro. Raramente riesce a partecipare ai vari eventi che gravitano intorno ai
figli come, ad esempio, le feste scolastiche. È una donna sveglia e
intelligente, è ligia al dovere e non ha una vera e propria vita sentimentale.
L’uomo che frequenta non è il suo fidanzato, per lei è una semplice storia di
sesso mentre lui si è fatto ben altre idee. L’agente Thulin ha fatto richiesta
di essere spostata dalla Omicidi alla sezione NC3, ma il suo capo, Nylander,
non è molto d’accordo in merito, soprattutto al momento, con l’attenzione di
tutti i media puntati sulla sua squadra per la risoluzione del caso.
I suoi occhi sono seri e tristi ma non per Kristine Hartung.
Non per una bambina scomparsa e mai ritrovata, non per delle misteriose
impronte digitali su delle castagne, ma per lui. Quegli occhi dicono che Thulin
crede che lui abbia perso la ragione e la capacità di giudizio, e d’improvviso
questo lo riempie di terrore, perché sa che è vero.
L’agente Hess, invece, è un uomo che ho fatto veramente
fatica ad inquadrare. È davvero particolare: ha un occhio di un colore diverso
dall’altro, è silenzioso, sempre sulle sue, con parecchi scheletri nell’armadio.
Ha serie difficoltà a rapportarsi con gli adulti mentre non ha alcun problema
ad interagire con i bambini. Della sua vita privata si sa solo che ha perso la
moglie, anni prima, in un incendio. Della sua vita lavorativa si sa invece che è stato
allontanato dall’Europol e rispedito a Copenaghen, dove viene affiancato a
Thulin, ma non si sanno i reali motivi. All’inizio fa di tutto per stare fuori
dal caso e per cercare di tornare al suo vecchio posto di lavoro all’Aia ma,
man mano che il caso si infittisce, si fa coinvolgere sempre di più. È un
agente sveglio che sa vedere dei collegamenti anche dove gli altri agenti non
riescono a trovarli e ci tiene tantissimo a voler chiudere il caso.
… ricorda a se stesso le parole dell’ultimo terapeuta: che
un dolore è un amore rimasto senza dimora e che bisogna convivere col dolore e
costringersi ad andare avanti.
In questo libro ci sono davvero tanti personaggi che fanno da
contorno ai due agenti, talmente tanti che a volte ho trovato difficoltà ad
abbinare i nomi con il relativo ruolo. Tra tutti, quella a cui mi sono
affezionata maggiormente è Rosa Hartung. Rosa è il ministro delle politiche
sociali. È rientrata da poco al lavoro dopo essersi allontanata per un anno a
seguito della scomparsa della figlia dodicenne. A distanza di un anno non hanno
ancora trovato il corpo di Kristine e la speranza di ritrovarla viva si è ormai
affievolita. È una donna provata da un dolore enorme che ha ritrovato la forza
per andare avanti dopo la tragedia che ha coinvolto la sua famiglia. Rosa ama
profondamente il marito e i figli e farebbe di tutto pur di tenerli al sicuro.
Ha una sensazione di déjà-vu, e per un attimo pensa che
l’inferno dev’essere così: tornare continuamente a recitare le stesse terribili
scene.
Era da tanto che non leggevo un bel thriller e con L’uomo delle castagne ho fatto centro al
primo colpo. È un libro che ti invoglia a leggere capitolo dopo capitolo. Che
ti porta a pensare a chi possa esserci dietro a questo fantomatico uomo, che ti porta a fare delle
supposizioni che, dopo sole poche pagine, queste vengono puntualmente smontate.
Ho apprezzato lo svolgimento della storia, la narrazione e l’ambientazione. Mi
è piaciuta la contrapposizione del modo di pensare di Thulin e di Hess, del
loro modo di comportarsi e soprattutto del modo in cui, nonostante abbiano
preso strade diverse, siano riusciti a raggiungere, più o meno, la stessa meta.
Adesso che la riabilitazione ha sortito il suo effetto
sappiate che sono pronta ad un nuovo romanzo rosa e che, ben allineati sul
comodino, ne ho ben quattro in attesa…
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