Quando Bianca mi ha detto di avere in stesura un romanzo erotico devo dire di essere rimasta alquanto sorpresa. Ma c’è una cosa che apprezzo sempre: mi piace vedere gli artisti uscire dai loro canoni e andare alla scoperta di cose nuove, generi diversi da quelli a cui ci hanno abituati.
Quindi, così come ho ammirato Anna Nicoletto con l’uscita de Nel mondo sereno (recensione qui), così sono stata felice (e curiosa) di questa pubblicazione firmata Marconero.
Protagonista femminile de Un maledetto lieto fine è Agnese, giovane universitaria figlia di papà (che altri non è che un senatore - una robetta da niente, insomma), che, a seguito della perdita della madre, si ritrova ora a vivere con la nuova moglie del padre e di suo figlio Brando.
Il personaggio di Agnese è un personaggio complicato e per apprezzarlo bisogna passare oltre alla prima impressione, alquanto negativa, che da di sé. È una figlia vittima del potere e della figura del padre. Non ha mai la possibilità di essere se stessa e, nella sua ingenuità (perché questa ragazza è moooolto ingenua, caratteristica che a tratti la rende quasi antipatica al lettore) non si rende nemmeno conto della situazione in cui si trova. Ha dei sogni ma si vede impossibilitata a realizzarli proprio a causa del cognome che porta.
Brando, Brando, Brando. Partiamo da una richiesta da lettrice ad autrice. Bianca Marconero ogni giorno pubblica su Facebook una foto del giovine utilizzato come prestavolto per il suo romanzo. Ecco, cara Bianca. Io non ce la faccio più. Ogni giorno mi ritrovo a dover pulire il telefono dalla bava per colpa tua (googlate Maxence Danet-Fauvel e mi capirete).
Chiusa la parentesi, ritorno al Brando del libro, ché è meglio.
Se Agnese è vittima del suo cognome, Brando lo è del quartiere e della vita condotta prima del matrimonio di sua madre.
Chitarrista di una band decisamente promettente, ha perso suo padre da giovane e, rimasto solo con sua madre, si è ritrovato a dover ricoprire il ruolo dell’uomo di casa. E questo ruolo ha voluto continuare a mantenerlo anche dopo le nozze della madre, rimanendo al suo fianco pur odiando il patrigno e, di fatto, non credendo in questo matrimonio.
La madre di Brando è un personaggio che mi ha spezzato il cuore. Sono passate settimane da che ho finito il libro e ancora oggi la ricordo con un nodo alla gola e tanto affetto. È forse uno dei più bei personaggi secondari di cui ho letto negli ultimi tempi. Seppur personaggio con salute cagionevole e dal fare servizievole, è una donna con la D maiuscola, una mamma che mette l’amore per il figlio prima di qualsiasi altra cosa, un personaggio dai tratti così umani da far venire i brividi.
Agnese e Brando non si sopportano. Ma tipo odio-odio. L’unico a dimostrare forse un po’ di curiosità in confronti dell’altra è Brando, che però, non appena dimostra un minimo di interesse nel conoscere la sorellastra, subito si ripiglia ricordandosi per bene il cognome di lei e chi è suo padre.
Cosa sarà quindi ad unire i due ragazzi?
EH.
L’inesperienza di lei. In che campo ve lo lascio immaginare.
Brando si ritroverà a fare da maestro ad Agnese, ad insegnarle tutto quel che lei, in meno di vent’anni, non è riuscita ad imparare (e su cui, tra l’altro, non si è mai nemmeno informata).
Ma si sa, tante volte la conoscenza del corpo altrui porta alla voglia di conoscere anche ciò che quel corpo racchiude ed è proprio così che i due ragazzi abbassano, con non troppa facilità, le loro barriere e si mostrano per quel che sono.
Ricordiamoci però di una cosa: Agnese e Brando sono fratellastri. Far sapere qualcosa ai loro genitori, soprattutto al padre di lei, potrebbe dar vita alla terza guerra mondiale.
Nascondere ciò che c’è tra di loro non sarà affatto facile e certamente il carattere dei due non renderà le cose più semplici. Ci si mette poi, ovviamente, di mezzo la vita: le scelte da fare, le strade da percorrere, gli incidenti di percorso.
Anche in Un maledetto lieto fine lo stile di Bianca è assolutamente riconoscibile: il cinismo che trapela, la voglia di scavare nella psicologia del personaggio e di rendere reali le situazioni narrate sono evincibili in ogni singola pagina.
Per quel che riguarda il genere, mi vien voglia di coniarne uno nuovo. Non è il classico erotico alla Newton. No affatto. È un erotico alla Marconero. Nella sua sensualità, il libro non cade mai nel volgare, nel noioso e nell’abituale. Le scene più spinte non sono scritte a suon di parolacce, fruste e mazzette che volano sul letto. Anche in quelle righe si riesce a percepire il tocco sensibile della penna della loro autrice.
Quanto vorrei parlare liberamente del finale. Quanto vorrei.
Ma ovviamente non posso. Posso però dirvi che il finale di questo libro vi lascerà a bocca aperta, con lo stomaco sottosopra, con la voglia di urlarevomitarepiangere, e che il seguito del romanzo è già in stesura (emenomaleacciderbolina).
Grazie Bianca per farmi provare tante di quelle sensazioni che altrimenti, senza i tuoi libri, difficilmente una persona può provare (contemporaneamente e nel giro di poche ore).
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