Il Grande Dio Pan, Arthur Machen

Ooh! Il blog ha contagiato tutti in famiglia! Dopo i contributi dei miei bimbi, arriva pure quello di mio marito!
Ecco quindi la trama e la sua prima recensione... Chissà se ne seguiranno delle altre...


Finalmente, dopo anni di ricerche nel campo delle scienze occulte e dello studio delle funzioni cerebrali, il dottor Raymond è pronto per portare a termine un folle esperimento. Una notte d'estate, assieme all'amico Clarke, che sarà suo testimone, decide di sottoporre la giovane Mary a un intervento chirurgico al cervello per consentirle di sollevare il velo che cela la mostruosa divinità della natura, il Grande Dio Pan. Ciò che la ragazza vede la sconvolgerà per sempre. Molti anni dopo, in una Londra vittoriana ancora profondamente scossa dagli omicidi di Whitechapel, una catena di inspiegabili suicidi sconvolge le famiglie benestanti del West End, stringendo la città in una morsa di terrore nella quale nessuno può dire chi sarà il prossimo, né quando accadrà. Soltanto Villiers, appassionato esploratore notturno, il gentiluomo Austin e lo stesso Clarke, segretamente affascinato dall'occulto e dal mistero, sospettano che dietro ai suicidi possa nascondersi un'enigmatica figura femminile. Tra angoscianti testimonianze e onirici peregrinaggi dai sobborghi più ricchi fino ai bassifondi più squallidi di Londra, i tre insoliti investigatori si troveranno dinanzi a un terribile segreto che getta le radici tra le pieghe del tempo, in un passato colmo di suggestione e oscurità. Il Grande Dio Pan, all'epoca additato come osceno per i contenuti sessuali e lo stile decadente, viene oggi considerato uno dei migliori romanzi gotici dell'orrore di fine Ottocento.

Arthur Machen è un autore difficile da inquadrare: non è decisamente uno dei classici, di quelli che si leggono a scuola o durante le vacanze, e non è un’icona come Stoker o la Shelley. Insomma, non è uno di quegli scrittori che potete citare ad una cena tra amici aspettandovi molti sguardi di intesa.
Eppure Machen è, almeno per una certa audience, un personaggio essenziale e seminale. Radunate un gruppo di appassionati di letteratura gotica o di semplici fan dell’orrore e ditegli che senza Machen forse non sarebbe esistito Howard Philip Lovecraft, e capiranno subito la sua importanza.

“Guardati attorno, Clarke. Vedi la montagna e le colline che si susseguono una dopo l’altra, come onde. Vedi i boschi e i frutteti, i campi di grano maturo e i pascoli che si allungano fino ai canneti in riva al fiume. Mi vedi in piedi accanto a te e odi la mia voce. Ti dico che tutte queste cose... Sì, da quella stella che ha appena brillato nel cielo al solido terreno sotto i nostri piedi... Ti dico che tutte queste cose non sono che sogni e ombre, le ombre che celano il mondo reale ai nostri occhi.”

Pubblicata nel 1894, Il Grande Dio Pan è una novella che venne fatta appartenere a quel sottobosco culturale di riviste di settore e pubblicazioni considerate, all'epoca, un po’ di serie B rispetto alla Letteratura RispettabileTM (vi ricorda qualcosa?) nel quale hanno trovato sfogo autori divenuti poi importantissimi (come Edgar Allan Poe). La struttura narrativa della storia è fatta di cambi di prospettiva, balzi temporali e resoconti che si intrecciano; è un racconto investigativo in cui “l’assassino” è noto al lettore ben prima di esserlo ai personaggi, è forse il precursore di quel tipo di narrativa horror basata sull’accennare più che mostrare. Machen non ci mostra mai il mostro, non descrive mai la scena terrificante: tutto avviene per sentito dire, tramite fatti riportati o speculazioni dei protagonisti, come in una novella romantica in cui i due amanti non appaiano mai insieme sulla scena e il tutto viene riferito da due zie impiccione, che nel cuore della vicenda non entrano mai davvero.

“Vedi» concluse, «non vi sono dubbi che il signor Blank, chiunque fosse, sia morto per puro terrore. Ha visto qualcosa di così spaventoso, di così tremendo, che lo ha stroncato. E ciò che vide, lo vide di certo in quella casa, che, per un motivo o per l’altro, aveva una pessima nomea in tutto il vicinato. Incuriosito, sono andato a vedere il posto io stesso. ”

Ma quest’idea di narrazione, fatta di testimoni e non protagonisti, è essenziale per tale genere di racconto dell’orrore, perché permette al lettore di avvicinarsi a questa prospettiva. Anche lui, al caldo del caminetto e al sicuro, partecipa alla vicenda da lontano: tutto il non detto si trasforma in fantasia, e la sua mente rende reale ciò che è solo accennato o speculato. L’orrore cosmico si basa sull’idea dell’insignificanza dell’uomo di fronte al cosmo, ma anche sullo stimolare la fantasia del lettore affinché sia lui a creare l’immagine che l’autore stesso definisce indescrivibile o troppo orribile, andandola a ripescare dal subconscio o, se vogliamo credere ai mistici come Machen, da una conoscenza comune sepolta al suo interno.

“Inoltre, dinanzi ai miei occhi si ripeté tutta l’opera per mezzo della quale l’uomo venne creato. Vidi la sagoma oscillare da un sesso all’altro, separandosi da se stessa e infine riunendosi. Quindi vidi il corpo discendere allo stato bestiale da cui si era elevato e ciò che stava all’apice sprofondare sul fondo, fin nell’abisso assoluto dell’essere. Il principio della vita che crea l’organismo rimaneva immutato, mentre la forma esteriore mutava.”

Il Grande Dio Pan è un racconto che oggi può sembrare quasi scontato o banale nei suoi temi o nelle sue meccaniche, ma va visto per quello che è veramente, ossia uno dei pilastri di un genere e il precursore di quell’idea di orrore che si basa sul titillare la mente del lettore (o dello spettatore) invece di buttargli in faccia uno spauracchio o un’immagine raccapricciante.
A voi (e alla creatività perversa del vostro subconscio) decidere quanto questo sia efficace...

Elle

1 commento:

  1. L'ho finito di leggere qualche giorno fa, un ottimo titolo del periodo decadentista che ha influenzato moltissimo i posteri (su tutti Lovecraft, che lo cita in molti racconti). Peccato che molti autori di alto livello Machen sia ingiustamente sconosciuto ai più.

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