Figli di sangue e ossa, Tomi Adeyemi

Eccomi qua a scrivere una nuova recensione per l’ennesimo libro che mi è piaciuto tantissimo. Ultimamente mi sono capitati tra le mani solo testi molto belli. Alcuni mi hanno fatto riflettere, altri hanno toccato corde molto sensibili e altri ancora mi hanno allietato le serate raccontando di amori impossibili. Questo libro è riuscito a racchiudere in sé tutte queste cose e, mescolandole sapientemente, ne è uscito un capolavoro fantasy.
La storia si svolge nel regno di Orïsha, un regno comandato dal re Saran, che vuole annientare la magia. Una magia che fa paura, una magia che uccide, una magia che non viene compresa, una magia che sta per essere soffocata per sempre.
Zélie è una giovane maji dalla pelle scura è una chioma di capelli bianchi, segno che contraddistingue la sua magia. Nonostante la giovane età, le sofferenze provate e la poca fiducia in sé stessa, viene scelta dagli dei per riportare la magia sulla terra. Zélie non si capacita del perché gli dei abbiano scelto proprio lei: lei che ha così tanta rabbia dentro di sé, che ha cercato per tanto tempo di soffocare la sua magia, che combina sempre qualche pasticcio le cui conseguenze vengono pagate dalle persone a cui tiene di più.
Ma in questo viaggio all’interno del regno, alla ricerca di una soluzione per far convivere la magia nella quotidianità, non è sola. Con lei c’è sempre l’amato fratello Tzain, che fa di tutto per proteggerla e per tenerla al sicuro e per aiutarla a portare a termine la sua missione.
C’è Amari, la giovane principessa, che diventa ben presto un’amica su cui contare e che da timida e paurosa si trasforma in una leonera grintosa.
C’è Mama che è sempre presente dentro di lei con il ricordo costante di quanto successo durante il Raid.
Ci sono vari giovani maji che credono in lei e l’aiutano, per quanto possibile, a superare gli ostacoli che si trova davanti, uno dopo l’altro.
E c’è Inan, il principino, il fratello di Amari, quel ragazzo che fa di tutto per compiacere il padre, anche nascondere il proprio essere, anche soffocare ciò che è, pur di avere l’approvazione del re.
Questo libro mi ha sorpresa. Mi ha sorpresa positivamente. Mi ha permesso di chiudere gli occhi e immaginare i bellissimi luoghi descritti: il villaggio dei pescatori, il deserto, la valle del fiume Gombe, il palazzo reale e i templi. Le descrizioni sono così dettagliate che è possibile creare  vivide immagini nella propria mente.
Il significato che l’autrice vuole far passare attraverso questa fiaba (eh, sì! Ci sono proprio tutti gli elementi della fiaba!) è veramente bello: non bisogna avere paura del diverso, che sia il colore della pelle o l’idea in cui crede un gruppo di persone. Non si può odiare e combattere con la violenza qualcosa che ci fa paura, bisogna cercare di capire il diverso e fare in modo che si possa creare una collaborazione per un futuro migliore. Perché, in fin dei conti, seppur con le nostre diversità, siamo tutti uguali.
Sono davvero contenta di aver letto questo libro, di aver passato le pause pranzo da sola pur di avere la possibilità di leggere un capitolo, di averlo portato per qualche giorno nella mia quotidianità. 
Se vi state chiedendo se, come tutte le fiabe, anche questa ha il lieto fine, non vi resta altro da fare che leggerlo!

Elle

Nessun commento:

Posta un commento