Bello. Quando un libro si merita il giusto aggettivo, è altrettanto corretto darglielo. Questo-libro-è-bello!
Ieri sera ho voluto assolutamente finirlo, l’ho terminato a tarda notte e ne è valsa
proprio la pena fare le ore piccole per arrivare fino all’ultima pagina con gli occhi gonfi di lacrime.
Questo è un libro che ti fa riflettere. Che ti fa guardare le cose sotto un altro punto di vista. Che ti
fa pensare a come stai vivendo, a come stai reagendo alle cose che ti succedono. E ti sprona a fare
di meglio, fare di più e più in fretta. Perché tutti noi pensiamo di avere tantissimo tempo per fare
quello che si è sempre desiderato e che si è sempre rimandato anche se, in realtà, nessuno di noi
può sapere quanto tempo effettivamente ci rimane da vivere.
Annie è una donna alla quale la vita ha messo davanti delle tragedie non indifferenti. È una donna che
si è chiusa in sé stessa, che ha tagliato completamente fuori il mondo dalla sua esistenza perché la
tristezza e la rabbia che porta dentro di sé hanno raggiunto livelli talmente importanti che la
stanno schiacciando. Tutta la sua vita è imperniata sulla sua sofferenza e sta sopravvivendo: non
riesce più a godere della propria esistenza, non riesce più a relazionarsi con qualcuno, con il coinquilino
o con i colleghi e nemmeno con gli amici di un tempo. È sempre lì, sull’orlo dell’ennesima crisi
di nervi. È in questa situazione emotiva che Polly entra prepotentemente nella sua vita.
Polly è una donna gravemente malata a cui è stato diagnosticato un incurabile tumore al cervello, che lei decide di chiamare Bob.
Polly è una donna gravemente malata a cui è stato diagnosticato un incurabile tumore al cervello, che lei decide di chiamare Bob.
Il suo medico, il dott. Max (soprannominato dott. McBrontolo), le ha dato tre mesi di vita.
All’incirca cento miseri giorni. E, se all’inizio, Polly si è disperata per la notizia ricevuta, una volta
superato lo choc iniziale ha iniziato a darsi da fare per organizzare una lista di cose da fare in
questi pochi giorni. La lista serve per riuscire a superare questi giorni senza intristirsi troppo e per
provare a sé stessa e agli altri che, nonostante tutta la sofferenza che una persona può provare, si
può sempre vedere il lato positivo delle cose, che ogni giorno si può trovare una buona ragione
per vivere. Ed è solo incrociando Annie e vedendo la sua infelicità, che Polly decide che in lei ha
trovato la candidata ideale.
Se all’inizio Annie non si lascia trascinare dall’entusiasmo e dalla forza di Polly, pian piano, con
costanza, intelligenza, ironia, sotterfugi e, ogni tanto, giocandosi la “carta cancro”, quest’ultima riesce a far abbassare le barriere difensive che Annie si è costruita attorno al cuore. È solo così che riuscirà a far capire ad Annie che c’è sempre un buon motivo per voler vivere, che non
bisogna lasciarsi andare, farsi trascinare dagli eventi e piangersi addosso, ma che bisogna lottare, bisogna vedere il mondo a colori, liberarsi del grigio e del nero e respirare la vita a pieni polmoni.
La luce di un giorno di pioggia è un libro unico, che ti fa piangere, sorridere e, soprattutto, pensare. Ti fa vedere la malattia nuda e cruda, così come non avevo mai letto. Ti fa capire come si dovrebbe reagire alle tragedie che, piccole o grandi che siano, prima o poi ci affliggono.
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