! RP! Per sempre tua, Kate, D. Nichole King


Benvenuti a questa tappa del review party dedicato ad un romanzo semplicemente unico, bellissimo. A fine recensione trovate il banner con gli altri blog (coraggiosi) che hanno deciso di prender parte a questa avventura... Vi lascio col mio pensiero, sperando di render giustizia ad un libro come pochi...

Quando ho letto la trama per decidere se partecipare o meno al review party, potevo solo immaginare a cosa sarei andata incontro leggendo il libro. Mi immaginavo di soffrire ma, sinceramente, non immaginavo di piangere così tanto.
Questo è un libro che non si può leggere tutto d’un fiato. Non ce la si fa proprio. Bisogna, come per il buon vino, lasciarlo respirare e decantare. Che, in parole povere, significa che bisogna tenere una scatola di kleenex a fianco e solo quando ci si è asciugate tutte le lacrime si può riprendere in mano. Solo così si può arrivare alla fine.

Non c’è mai abbastanza tempo per dire addio. Mai abbastanza per dire “ti amo”.

Kate è una diciassettenne malata di leucemia. La prima volta che è apparsa aveva solo undici anni e nei sei anni trascorsi ha avuto una ricaduta. Questa di cui si parla nel libro è la seconda.
Kate è una ragazza molto forte, non si abbatte davanti alle difficoltà che la vita le ha messo davanti. Ha sempre combattuto la sua malattia e ha sempre cercato di vedere il famoso bicchiere mezzo pieno. È sempre riuscita a trovare la forza dentro di sé e a infondere speranza agli altri, genitori compresi.
Non si può certo dire che la sua sia stata un’adolescenza normale. I problemi di tutte le altre ragazze di quell’età non sono di sicuro i suoi. La sua preoccupazione non è con chi andare alla festa di fine anno, la cotta per il compagno di classe o quale vestito indossare per uscire con le amiche, ma lo scegliere se mettere o meno una parrucca dopo aver perso tutti i capelli per la chemio o lo scegliere di fare un altro ciclo di terapia piuttosto che iniziare una cura sperimentale.
La malattia le ha anche impedito di avere delle amicizie: la sua unica amica è l’infermiera del reparto chemioterapia, Leslie. I suoi segreti e i suoi pensieri li confida al diario che tiene tutte le volte che la malattia si ripresenta. È la sua valvola di sfogo. È il suo metodo per metabolizzare quanto le sta succedendo.

Non importa quanto sia buio, alla fine il sole sorge sempre e un nuovo giorno comincia.
L’oscurità è solo un ricordo.

Le cose cambiano dal momento in cui conosce Damian. Damian è il figlio diciassettenne del dottor Lowell, l’oncologo che ha in cura Kate. È un ragazzo con qualche problema, primo fra tutti il non aver ancora superato la morte della madre e del fratello maggiore, avvenuta due anni prima. Il padre non è riuscito ad aiutarlo nell’affrontare il lutto e il loro rapporto si è ormai quasi completamente deteriorato. Damian ne combina un po’ di tutti i colori (viene sospeso da scuola, guida in stato di ebbrezza…) e, per tenerlo d’occhio, il padre gli impone del volontariato nel suo reparto.
Quella che nasce come un’amicizia si trasforma ben presto in qualcosa di diverso. Damian è l’unico che riesce a parlare a Kate come se fosse una ragazza normale, è l’unico che riesce a darle una parvenza di normalità. Non ha peli sulla lingua e le pone domande che altri si avrebbero riguardo a porre. Nonostante sia un ragazzo con tutti quei problemi di comportamento, a volte ha una sensibilità non indifferente e altre, invece, si comporta davvero come una carogna, magari pentendosi dopo pochi minuti. Si affeziona davvero tanto a Kate ma anche agli altri bambini che devono passare del tempo nel reparto di oncologia e questo è un problema per Damian. Se Kate non dovesse rispondere positivamente alle terapie, ce la farà Damian a sopravvivere a un'ulteriore perdita? Ce la farà a lasciarla andare e ad andare avanti con la sua vita?

Essere forti vuol dire non mollare mai, non importa quanto tu sia distrutto, e cercare la felicità nelle cose più piccole della vita.

Vi confesserò che per scrivere questa recensione ho dovuto prendermi tempo. Tempo per riflettere e per “digerire” la storia. Il libro è davvero molto bello ma da un certo punto in poi è praticamente impossibile rimanere indifferenti e non farsi coinvolgere emotivamente. L’autrice parla della malattia in modo diretto, schietto senza addolcire nulla, senza omettere o nascondere la cruda verità.
Ho amato entrambi i genitori di Kate. Penso che per un genitore avere un figlio così malato sia devastante ma loro, proprio grazie a Kate, sono riusciti a vivere il tutto abbastanza serenamente. Perché Kate è stata in grado di apprezzare e far apprezzare agli altri le piccole cose, i piccoli gesti che ti fanno capire quanto sia bella la vita e che vale la pena viverla fino alla fine.

La vita non è solo sopravvivere. È vivere.


Elle

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